La paura della separazione dai genitori

ansai da separazione

Perché i bambini hanno paura della SEPARAZIONE dai genitori?

DISTURBO D’ANSIA DA SEPARAZIONE?

Che cosa intendiamo per paura della separazione dai genitori?

  • Paura di dormire da soli
  • Paura di essere lasciati all’asilo
  • Paura dell’abbandono
  • Paura di andare in vacanza senza i genitori
  • Hanno paura di restare da SOLI

Durante il processo evolutivo i bambini fanno i conti con la fatica del doversi  prima o poi separarsi dai genitori.

Stiamo parlando di processo evolutivo, quindi per loro è utile provarlo e superarlo. I genitori dovrebbero cercare di aiutarli durante questo percorso, cercando di facilitare il distacco.

Molto è legato al tipo d’attaccamento che i genitori hanno instaurato con i figli.

Secondo l’approccio di Bowlby fornire una Base Sicura ai propri figli, permetterebbe una progressiva autonomizzazione.

Bowlby  definisce il concetto di “Base Sicura” come ” la base da cui un bambino parte per esplorare il mondo e a cui può fare ritorno in ogni momento di difficoltà o in cui ne senta il bisogno

QUANDO PARLIAMO DI DISTURBO D’ANSIA DA SEPARAZIONE?

Secondo il DSM-IV-TR il bambino con Disturbo d’Ansia da Separazione mostra un’ansia eccessiva e inadeguata rispetto al livello di sviluppo raggiunto, nelle situazioni che implicano la separazione da casa o da coloro a cui il soggetto è attaccato, con esordio prima dei 18 anni.
Perché il problema possa essere definito disturbo devono essere presenti almeno 3 dei seguenti elementi:

1) Il bambino ha una sensazione di forte malessere tutte le volte che si verifica la separazione da casa o dalle principali figure di attaccamento o persino quando pensa alla separazione.

2) Il bambino mostra una preoccupazione immotivata di perdere le principali figure di attaccamento, o che accada loro qualche cosa di pericoloso.

3) Il bambino mostra una preoccupazione infondata che succeda qualcosa che possa provocare la separazione dalle figure di attaccamento, come ad esempio perdersi o essere rapito

4) Il bambino si rifiuta di allontanarsi da casa per la paura della separazione, ad esempio non vuole andare a scuola.

5) Il bambino manifesta forte paura o  di stare solo a casa o senza le principali figure di attaccamento, oppure più in generale senza adulti significativi.

6) Il bambino non vuole andare a dormire senza avere vicino uno dei personaggi principali di attaccamento, per cui non riesce a dormire fuori casa

7) Il bambino fa spesso incubi sul tema della separazione.

8) Il bambino manifesta frequenti sintomi fisici, ad esempio mal di testa, dolori di stomaco, nausea o vomito ogni volta che si verifica o si prospetta il pensiero della separazione dalle principali figure di attaccamento.

I sintomi descritti durano almeno 4 settimane, e causano una sofferenza al bambino oppure una compromissione dell’area sociale, scolastica o di altre importanti aree del funzionamento psicologico.
L’Esordio viene specificato come Precoce se avviene prima dei 6 anni di età.

Manifestazioni e disturbi associati

I bambini con questo disturbo in genere provengono da famiglie molto unite; quando vengono separati dalle figure di attaccamento, possono mostrare ritiro, apatia, tristezza o difficoltà a concentrarsi nel gioco e spesso hanno bisogno di sapere dove si trovano e di mantenere contatti telefonici.

A seconda dell’età possono aver paura dei mostri, del buio, degli animali, dei viaggi, degli incidenti, di situazioni percepite come pericolose per l’integrità loro e della loro famiglia.

Si possono lamentare che nessuno li ami e desiderare di morire, possono mostrare rabbia o aggressività contro chi sta forzando la separazione.

I bambini sono spesso intrusivi, bisognosi di attenzione costante e spesso divengono una fonte di frustrazione per i genitori e portano conflittualità.

A volte sono coscienziosi, compiacenti e desiderosi di piacere, possono lamentare problemi somatici.

Vi sono comunque variazioni legate alla cultura di appartenenza riguardo il livello di tolleranza della separazione, e va sempre considerato questo aspetto.

L’ansia e l’anticipazione della separazione possono divenire evidenti nella media fanciullezza.

Sebbene gli adolescenti con questo disturbo possano negare l’ansia riguardo alla separazione, essa può essere riflessa dalla loro limitata attività indipendente e dalla riluttanza a lasciare la casa.

Gli adulti con questo disturbo sono in genere eccessivamente preoccupati per i figli e i coniugi mostrando notevole malessere quando sono separati da loro.

Fattori potenzialmente scatenanti

  • Lutti ( morte di un parente o animale domestico).
  • Separazioni da genitori o da una figura di riferimento.
  • Cambio di scuola.
  • Trasloco.
  • Malattia.
  • Ospedalizzazione
  • Madre con Disturbo di Panico.

Trattamento con Terapia Cognitivo Comportamentale

Il trattamento del Disturbo D’Ansia da Separazione deve coinvolgere sia il bambino che i genitori.

L’intervento dei genitori verrà modulato a seconda dell’età del figlio.

Gli interventi che si possono concordare possono essere di questo tipo:

  • Osservazioni Strutturali: si raccolgono informazioni sulle caratteristiche del disturbo, utilizzando lo schema dell’ABC che nella terapia cognitivo comportamentale ci aiuta  a comprendere L’Evento Scatenante (A), il Persiero (B) e l’emozione (C).
  •  Psicoeducazione emotiva.
  • Tecniche di esposizione.
  • Tecniche di rinforzo.
  • Parent training.
  • EMDR

Bibliografia:

Celi F. (2002), Psicopatologia dello sviluppo: storie di bambini. McGraw-Hill, Milano
Di Pietro M., Dacomo M., (2007) Giochi e attività sulle emozioni: nuovi materiali per l’educazione razionale emotiva. Erickson. Trento

 

 

 

 

DECALOGO PER GENITORI per affrontare la malattia dei figli

Nel corso degli anni grazie ai lavori che faccio, ho potuto incontrate molti genitori con bambini ospedalizzati.

Il mio lavoro come clown in corsia e il mio essere psicoterapeuta si sono incontrati e hanno pensato di proporvi 10 consigli per riuscire ad affrontate meglio, una malattia o una possibile ospedalizzazione del  vostro bambino:

1-Manteniamo la calma: I bambini quando non si sentono bene, non riescono  a darsi una spiegazione del loro stato. Così osservano attentamente  tutte le reazioni che i genitori hanno e modulano la loro reazione a seconda di quello che percepiscono. Se vedono un genitore agitato non fanno altro che agitarsi senza capire cognitivamente il perchè. Mantenere la calma è veramente un esercizio complicato per i genitori, ma è utile per il benessere del bambino ed anche al genitore.

2- Giocate: i bambini che sono malati possono continuare a giocare. Il gioco per un bambino è come una medicina, li aiuta.  Create dei giochi con lui che possano essere adeguati alla patologia. Per esempio se ha la febbre potete disegnare.

Il gioco non ha alcuna controindicazione.

 3- Usate la fantasia: permettergli di visitare mondi immaginari lo aiuterà a distrarsi dal dolore e dalle emozioni come la paura. Per esempio: raccontare delle storie fantastiche in cui il suo letto diventa un galeone dei pirati o una carrozza delle principesse). Oppure utilizzate le filastrocche come se fossero delle formule magiche.

 4- Giocate al dottore: questo gioco simbolico permetterà al bambino di rielaborare le esperienze possibilmente traumatiche che potrebbe vivere durante l’ospedalizzazione.

La piccola valigetta del dottore può permettere al bambino di mettere in scena quello che gli è capitato questo lo aiuterà ad integrare le diverse informazioni e i vissuti emotivi.

 5- Date spazio alla creatività:  permettergli di creare qualcosa con la plastilina per esempio, con materiali di riciclo, in modo che si possa sentire bravo.

 6- La verità: cercate di non tenere nascosta la verità al vostro bambino, cercate di spiegargliela in modo semplice, così che lui possa comprendere la situazione e a quel punto collaborare.

 7- Manteniamo le regole: cercate di mantenere le regole che avete fissato a casa.

 8 – Condividiamo: è utile che i genitori si prendano il tempo per confrontarsi rispetto a ciò che sta accadendo e l’impatto emotivo. Infine cercate una strategia comune da seguire insieme. Cercate di dividervi i ruoli e i compiti. Per esempio: in ospedale chi rimane a dormire con il bambino?

Se possiamo chiediamo aiuto ai parenti e amici più cari. Delegare qualcosa non vi renderà un cattivo genitore.

9- Ci sei anche tu…non sei solo genitore ma anche persona: cercate di prendervi dei vostri spazi, per staccare la spina. Dovete prendervi il tempo per sentire le emozioni che avete evitato di esprimere davanti al bambino, in modo da poterle far scivolare vie, facendo emergere le risorse adeguate per affrontare le difficoltà che state incontrando.

 10- Il presente: rimanere concentrati sul presente sulle piccole cose che potete fare ( dal tenere in ordine la camera dell’ospedale, al cercare di organizzare un’attività ricreativa nell’immediato per vostro figlio) per migliorare l’ospedalizzazione di vostro figlio. Cercare di non farsi sopraffare dai pensieri catastrofici.

Da questo lavoro è nato un depliant che è stato divulgato all’interno di un’azienda per sensibilizzare i genitori. Questo è il link:

decalogo per i genitori per affrontare meglio la malattia dei figli

Suarez morde Chiellini. Perché?

Suarez-Chiellini-morso

 

Siamo ai Mondiali di calcio in Brasile 2014 durante la partita Uruguay – Italia terminata 0 -1. Il gol di Diego Godín ha decretato l’eliminazione dell’Italia dalla competizione.

In questo articolo vorrei  soffermarmi sul morso di Suarez nei confronti di Chiellini.

La cosa che ha attirato la mia attenzione non è tanto questo episodio quanto il fatto che è la terza volta che Suarez morde un suo avversario.

Alcuni scommettitori Norvegesi hanno scommesso che il giocatore avrebbe messo in atto tale comportamento e uno psicologo dello sport Thomas Fawcett dopo la partita Liverpool-Chelsea in un’ intervista alla BBC aveva dichiarato: “Penso che nei prossimi cinque anni, in occasione di uno stress nervoso simile, Suárez reagirebbe nello stesso modo“.

Suarez continua a negare l’accaduto. In una lettera inviata alla Fifa ha scritto :

“Non è stato un morso volontario, ho solo perso l’equilibrio”

“Dopo l’impatto ho perso l’equilibrio, rendendo il mio corpo instabile e cadendo sulla parte superiore del mio avversario. In quel momento, ho sbattuto la mia faccia contro il giocatore, procurandomi un piccolo livido sulla guancia e un forte dolore tra i denti”.

Ma perché Suarez mette in atto un comportamento del genere? Molti dicono che è un impulso incontrollabile e basta.

Per quanto mi riguarda potrei ipotizzare che i siamo di fronte a un Disturbo del Controllo degli Impulsi non Classificati Altrove, secondo la classificazione DSM-IV-TR.

Andando nello specifico potremmo parlare di DISTURBO EPLOSIVO INTERMITTENTE?

La caratteristica fondamentale del Disturbo Esplosivo Intermittente è il verificarsi di saltuari episodi di incapacità di resistere agli impulsi aggressivi, che causano gravi azioni aggressive o distruzione della proprietà.

Questo disturbo è  raro e poco studiato.

Prima di formulare questo tipo di diagnosi bisognerebbe escludere altri disturbi mentali che potrebbero spiegare gli impulsi aggressivi (per es., Disturbo Antisociale di Personalità, Disturbo Borderline di Personalità, un Disturbo Psicotico, un Episodio Maniacale, Disturbo della Condotta, o Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività).

Bisognerebbe anche escludere che gli episodi aggressivi non sono dovuti agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una sostanza di abuso, un farmaco) o di una condizione medica generale (per es., trauma cranico, malattia di Alzheimer).

Tirando un po’ le fila di questo discorso consiglierei a Suarez di andare dello Psicologo/Psicoterapeuta e di rendersi conto che c’è qualcosa che non gli sta permettendo di essere un buon giocatore. Il rischio che questi episodi lo portino ad un autosabotaggio della sua carriera.

Non mi rimane che ripassare la palla a lui!!!

 

 

 

 

 

Lasciare il passato nel passato con l’EMDR

Lasciare il Passato nel PassatoIl libro “Lasciare il passato nel passato” scritto da Francine Shapiro è uno strumento che può essere dato in mano ai pazienti che vengono trattati con il modello EMDR. Al suo interno è possibile trovare delle tecniche di auto-aiuto che la persona può fare proprie autonomamente.

Il libro racconta in modo semplice e chiaro come un evento traumatico, non adeguatamente rielaborato, possa rimanere “congelato” all’interno della nostra mente. Questo può portare l’individuo a mettere in atto delle reazioni automatiche di sofferenza e disagio.

Quindi possiamo per esempio pensare alla persone che, dopo molti anni dall’evento, provano la stessa identica emozione come se il tempo non fosse mai passato.

Pensiamo alle persone che hanno subito un grave lutto.

Nei diversi capitoli troviamo la presentazione del modello EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) secondo cui le esperienze traumatiche possono sabotare il sistema di elaborazione dell’informazione. In questo modo l’individuo non potrà avere una rielaborazione adattiva dell’evento, e quindi non riuscirà a fare i collegamenti interni necessari per arrivare ad una risoluzione.

L’EMDR prende in considerazione un’esperienza stressante o traumatica in tutti i suoi diversi aspetti: cognitivi, emotivi, comportamentali e neurofisiologici.

L’EMDR utilizzando i movimenti oculari o altre forme di stimolazione bilaterale cerca di migliorare la comunicazione tra i due emisferi del cervello.

Il disturbi nascono da informazioni immagazzinate in modo non funzionale, con l’utilizzo dell’EMDR si lavora per ritrovare la salute mentale quindi un equilibrio tra ricordi positivi, da un lato, ed esperienze negative correttamente rielaborate, dall’altro.

Consiglio questo libro a molti miei pazienti che tratto utilizzando l’EMDR.

Francine Shapiro, nelle pagine del suo libro, riesce in modo fluido a spiegare i vari passaggi dalla nascita dei pensieri disfunzionali che portano al disturbo  alla terapia. Per questo il libro può essere utilizzato come uno strumento che può essere dato in mano al paziente.

 

 

 

Che ANSIA

 

charlie brown

Da dove nasce l’ansia?

La vita di oggi è caratterizzata da una condizione di continua incertezza, dalla paura di rimanere indietro, di non essere all’altezza, di deludere le aspettative proprie o di altri.

Inoltre la società impone di essere competitivo ed individualista.

Tutto questo impedisce la nascita e il mantenimento di relazioni e di legami affettivi sinceri e duraturi.

Gli individui si trovano così molto spesso a vivere una condizione di solitudine.

Il sentirsi solo e il pensare di non essere capito, di non essere altezza, di essere sbagliato, di essere diverso , di non essere amabile o degno mettono in moto l’ansia.

Ma che cos’è l’ansia?

Questi sono i criteri diagnostici DSM-IV del Disturbo d’ansia riportati dal DSM-IV:

A. Ansia e preoccupazione eccessive (attesa apprensiva), che si manifestano per la maggior parte dei giorni per almeno 6 mesi, a riguardo di una quantità di eventi o di attività (come prestazioni lavorative o scolastiche).

B. La persona ha difficoltà nei controllare la preoccupazione.

C. L’ansia e la preoccupazione sono associate con tre (o più) dei sei sintomi seguenti (con almeno alcuni sintomi presenti per la maggior parte dei giorni negli ultimi 6 mesi). Nota Nei bambini è richiesto solo un item.

1) irrequietezza, o sentirsi tesi o con i nervi a fior di pelle

2) facile affaticabilità

3) difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria

4) irritabilità

5) tensione muscolare

6) alterazioni del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, o sonno inquieto e insoddisfacente).

Come combattere l’ANSIA?

La terapia maggiormente utilizzata per i disturbi d’ansia è la terapia cognitivo comportamentale.

La terapia cognitivo comportamentale si occupa delle modalità negative e distorte di vedere il mondo e se stessi, dei comportamenti e delle emozioni conseguenti.

Nello specifico permette di lavorare sui i pensieri negativi o le credenze che contribuiscono all’insorgenza del disturbo d’ansia .

L’obiettivo è quello di identificare e correggere pensieri e credenze negative e modificare i comportamenti .